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Le nuove frontiere della solidarietà…

[tratto dagli scritti di Luigi Castaldi e Ninì delli Santi]

La Fondazione Turati, ente morale senza quindi fini di lucro, sorge in data 7 ottobre 1966 con decreto del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.

Ente morale e apolitico, la Fondazione Turati è la verifica più identificabile, il riscontro migliore dell’impegno di Antonio Cariglia nel politico e nel sociale.

Pubblicista e uomo politico, nato a Vieste il 28.3.1924, Antonio Cariglia si trasferì nel 1936 a Pistoia. Partecipò molto giovane alla Resistenza e si laureò nel 1948 presso la facoltà di Scienze Politiche di Firenze. Fu professore incaricato di Diritto Pubblico e Amministrativo e di Lingua Francese presso le Scuole Medie di Pistoia per breve tempo. Militò giovanissimo nell’organizzazione socialista, aderendo, dopo la scissione, al P.S.D.I. e partecipò alla costituzione della U.I.L., ricoprendo anche l’incarico di membro della Segreteria Nazionale. Successivamente venne chiamato a far parte della Direzione Nazionale del Partito Socialdemocratico come responsabile dell’Ufficio Sindacale, dell’Ufficio Internazionale e poi Segretario del partito. Fu deputato alla Camera dei Deputati tra il 1963 ed il 1987, nonché Senatore nella Decima Legislatura (1987), ricoprendo incarichi di alto prestigio.
E’ stato membro anche della Delegazione Italiana presso l’O.N.U. e membro permanente dell’Internazionale Socialista.

Cariglia uomo di frontiera. Uomo d’attacco.

Bel nome quello di Turati per la Fondazione. Il nome di uno fra i più insigni esponenti del socialismo europeo, d’un campione del riformismo che rigetta la violenza armata, l’anarchia, lo spargimento di sangue per la conquista del potere. Eccellente l’idea di intestargli una presenza operativa che ne interpreta le trepidazioni più umane, più esposte e sofferte.

Il riscatto del proletariato, d’accordo, ma prima e subito il riscatto del proletario, l’anziano, l’handicappato, l’individuo singolo leso nella dignità, nei diritti. “Essere socialisti…”, diceva Saragat, “… vuol dire imboccare la via della comunione con quanti soffrono, con gli oppressi; vuol dire aver trovato la via della fraternità, del sacrificio all’occorrenza”. Significa, in parole povere, stare dalla parte di chi è nel bisogno, che patisce ingiustizia, discriminazione, offesa. Quando il dolore è uno scandalo prima ancora che una disgrazia, la società non può lavarsene le mani se da essa dipende alleviarlo, attribuirgli un volto umano. Questa la prassi di un socialismo illuminato.

In un’epoca in cui i cittadini vanno perdendo fiducia nei politici, in un’epoca in cui aumenta la diffidenza e si amplifica il dissenso, loro della Fondazione Turati cercano di dimostrare che enunciazioni, promesse, teorie si riesce qualche volta a tradurle in elementi concreti, nei fatti. Più scende il discredito (ingeneroso spesso, discriminatorio, ingiusto) per la cosiddetta politica sporca, più loro rispondono con referenze d’impegno vissuto. “Non hanno la presunzione di poter cambiare il mondo, loro della Turati, di moltiplicare a decine dal Piemonte alla Sicilia i centri di soggiorno e assistenza… ma di una cosa siamo certi: se altri avessero fatto come loro, passando dalle parole ai fatti, in Italia avremmo un patrimonio enorme di solidarietà”.