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Il Gargano, detto anche Sperone d’Italia, è un massiccio promontorio, un gran dosso calcareo, compatto nel suo insieme, con declini periferici ripidi, che delimitano tutto intorno una vasta schiena appiattita, la cui altitudine si muove fra i 600 e i 1.000 metri. Le groppe arrotondate, di cui la più alta è Monte Calvo (1056 m.), non alterano la fisionomia generale di un altopiano e creano il caratteristico paesaggio dei territori carsici. Qui si incavano grotte meravigliose dal passato mitico e leggendario, là si diffondono doline di forme e dimensioni varie, altrove si aprono vere conche senza sfoghi superficiali e si inabissano forre di selvaggia imponenza fra un susseguirsi di dossi e costoni che si spingono via via verso il mare dove si tuffano quasi a precipizio.

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Sebbene le coste garganiche si immergono bruscamente nel mare, non mancano spiagge di notevoli vastità; esse, nella massima parte, risultano incastonate tra due punte rocciose e si estendono ad archi pittoreschi. La sabbia dal tenue color rosa argentato, sempre scintillante, è di qualità finissima, la migliore degli arenili adriatici, soffice più del velluto, impalpabile come cipria e il piede dell’uomo vi affonda facilmente nel camminare. La costa presenta innumerevoli cavità che sono dei veri prodigi d’incanto e meraviglia. Fra le grotte più belle sono da ricordare: la Sfondata, la Campana, dei Contrabbandieri, dei Pipistrelli, dei Colombi, dei due Occhi, quella Viola, detta anche grotta Calda, delle sirene, dei Sogni, del Faraone, la Tavolozza, dei Marmi, del Serpente e la grotta Smeralda. Sono 26 e in tutte un gioco diverso di luci e di colori. Il visitatore rimane trasognato e attonito e la sua fantasia trova il più ampio sfogo dinanzi a spettacoli di così profonda suggestione.

All’estremità orientale del Gargano sorge la città di Vieste. Essa si adagia su un declivio che da circa 50 metri di altitudine scende lentamente fino a farsi lambire per più di tre quarti dal mare.

Sembra addormentata e magica sotto gli occhi vigili e possenti del Castello che dalla cima del promontorio domina da secoli. Il quartiere medievale si snoda con le sue stradine strette e tortuose, fra le case bianche, dai piccoli usci e dalle ripide ed anguste scalinate, che di tanto in tanto sono unite da esili archi e impongono al visitatore un senso di oppressione e di rispetto, di austerità e di mistero.

Questo quartiere si affaccia sullo strapiombo della “Ripa”, vero balcone che si proietta su un mare interminabilmente azzurro. Si allunga sino alla punta di San Francesco e costituisce, forse, la parte più suggestiva di tutta la città.

Altra meraviglia della natura è il Pizzomunno, mastodontico e superbo monolito che si eleva a pochi passi dallo strapiombo su cui si affaccia la zona del Castello e il centro antico di Vieste, quasi a sorvegliare le fortune di questo paese, simile ad una vecchia guardia brontolona.

Secondo una vecchia leggenda, approdarono qui due giovani amanti e vi costruirono il loro nido d’amore. Le sirene, dal mare, invidiose e gelose di tanta gioia, tramutarono in pietra il bellissimo giovane, che non cedette alle loro lusinghe, mentre la povera sposa, piangente e incatenata, veniva trascinata negli oscuri antri marini. Solo ogni cent’anni, in una notte di plenilunio, l’incantesimo si scioglie e i due innamorati possono avvincersi felici, sicuri di aver riconquistato la loro libertà. Ma alle prime luci dell’alba la sorte crudele ricomincia: le terribili sirene trascinano con invisibili catene la fanciulla nei meandri del mare e tramutano il giovane in questo colossale monolito, mentre il loro lamento si ripercuote di onda in onda per altri cent’anni.